Jean- Paul Mugnier in un saggio intitolato De l’incestueux à l’incestuel, analizza i meccanismi relazionali che si mettono in moto all’interno di quelle famiglie che vivono l’incesto con un passaggio all’atto o semplicemente fantasmatizzato e chiama il primo, atto incestuoso, il secondo, atto incestuale.
Egli cita P.-C. Racamier che all’inizio degli anni novanta così affermava: « l’incestuale è un clima dove soffia il vento dell’incesto, senza che ci sia incesto. Il vento soffia vicino agli individui; soffia dentro di loro e nelle famiglie. Dovunque soffi fa il vuoto; instilla il sospetto, il silenzio e il segreto[fusion_builder_container hundred_percent=”yes” overflow=”visible”][fusion_builder_row][fusion_builder_column type=”1_1″ background_position=”left top” background_color=”” border_size=”” border_color=”” border_style=”solid” spacing=”yes” background_image=”” background_repeat=”no-repeat” padding=”” margin_top=”0px” margin_bottom=”0px” class=”” id=”” animation_type=”” animation_speed=”0.3″ animation_direction=”left” hide_on_mobile=”no” center_content=”no” min_height=”none”][…]. Incestuale quindi qualifica colui che nella vita psichica individuale e familiare porta l’impronta dell’incesto non fantasmatico e non necessariamente coinvolgente gli organi sessuali».
L’incesto è avvenuto, prosegue Mugnier, ma risale al passato: si è stabilita una distanza generazionale di cui si confondono le tracce. Il trauma è antico ma tuttavia presente, la ferita mai veramente aperta né veramente chiusa è stata solo differita; la sua traccia è oscura ma si intravedono i semi germoglianti dei passati incesti.
Le domande che si pongono le vittime sono: « perché a me?»; «lo farò anch’io?»; « che genitore sarò per mio figlio?» che significa anche, che tipo di genitore farà di me il mio compagno? Questa domanda può rivestire un’intensità particolare se il genitore, per sopravvivere al trauma, fa a se stesso la promessa che mai i suoi bambini subiranno ciò che ha sofferto lui. Mantenere questa promessa è vitale per l’autostima, viceversa, un fallimento sarebbe una devastante sconfitta e significherebbe che l’abusatore ha definitivamente il potere sulla sua vittima e sui suoi discendenti.
Molte strategie relazionali, saranno messe in atto nel tentativo di mantenere questa promessa ma risulteranno soltanto degli adattamenti patologici post-traumatici.
Di queste strategie, Mugnier ne evidenzia tre:
La successione dei partner
In questo caso si tratta di donne con figli che non hanno più il proprio compagno perché lo hanno lasciato durante la gravidanza o subito dopo il parto; in seguito queste madri avranno un nuovo legame con un uomo dal quale però non avranno figli. Tutto ciò accade come se la presenza di un padre fosse sinonimo di pericolo e per questo vengono allontanati.
Naturalmente i figli soffrono di questa instabilità affettiva di cui non ne comprendono le ragioni e progressivamente interiorizzano l’idea che gli uomini sono degli esseri sui quali non si può contare; o, al contrario, possono incolpare la madre di questa instabilità e di non sapersi tenere un uomo in casa.
Il padre, terzo escluso della relazione, lascia madre e figlio entro una diade nella quale si porrà la questione della differenziazione: per la figlia, nei confronti della madre; per il figlio, riguardo l’immagine interiorizzata del padre. Spesso la violenza sembra l’unica via di uscita che permette l’individuazione. Succede così che le madri di figlie adolescenti mettano in atto un controllo eccessivo affinché non le si possa rimproverare di essere troppo permissive e lassiste. Esse intervengono sull’abbigliamento, il trucco, le uscite ed ogni atteggiamento che possa attirare le attenzioni dei ragazzi; così facendo però, spesso provocano la ribellione della figlia e, circolarmente, la loro conseguente e “giustificata” reazione. Mancando una terza figura riequilibrante si assisterà ad una escalation simmetrica fra madre e figlia che potrebbe scaturire in reali comportamenti a rischio. Inoltre le madri temendo una gravidanza precoce, impongono la contraccezione alle figlie che forse non sarebbero state così precoci ma che a causa di ciò si metteranno in situazioni scabrose.
Per quanto riguarda il figlio maschio, sono le sue pulsioni, prima aggressive e poi sessuali, a spingere le madri a non vederli più come figli ma come potenziali violentatori.
L’ambivalenza di queste donne nei confronti dei propri figli si traduce spesso in comportamenti contradditori. Possono dar prova di una certa complicità come ad esempio quella paziente che ballava lascivamente con il figlio per poi improvvisamente mostrarsi rifiutante e distanziante e alla reazione aggressiva del ragazzo esplodere ossessivamente con frasi tipo “quando fai così mi ricordi mio padre!”. In questo modo si rimette in scena il contesto relazionale degli abusi sessuali e il susseguente senso di colpa che la porta a pensare “sono io, il male viene da me, dal mio atteggiamento oppure l’autore degli abusi è il solo responsabile del crimine subito che non ho potuto impedire?”
La conclusione di un tale processo, può essere un passaggio all’atto del figlio contro se stesso attraverso condotte a rischio, ad esempio incidenti stradali, o contro terzi con aggressioni o violenze sessuali.
In queste situazioni è l’identità e l’individualità del bambino ad essere negata. Egli occupa senza saperlo, il posto di qualcun’ altro che di pari passo con la sua crescita, risveglia le antiche sofferenze del genitore.
Siamo vicini a ciò che Racamier definì come conflitto antiedipico.
Questa situazione, che abbiamo definito incestuale,fa correre il rischio di un ritorno all’incesto. In effetti, se il nuovo compagno della madre ha dei figli, la combinazione di fratrie differenti sotto lo stesso tetto può favorire le relazioni sessuali fra gli adolescenti che non si considerano veri fratelli e sorelle anche se, coabitando, appartengono allo stesso nucleo familiare. Inoltre, più il nuovo compagno compare tardi nella vita dei figli della sua donna, in particolare delle figlie, più potrebbe considerarle delle potenziali partner e non delle figlie sulle quali esercitare una funzione parentale.
Le gravidanze numerose
Si tratta di donne che sembrano “sempre incinte” ed arrivano ad avere anche otto, nove, dieci figli o più, ma stavolta con lo stesso uomo.
Possono provenire da condizioni svantaggiate ma anche di benessere. Nel primo caso si possono addebitare alla scarsa cultura e carenti condizioni sociali; nel secondo, a motivi religiosi o morali che hanno impedito la contraccezione. In entrambi i casi il processo è simile: fare l’amore non è accettabile se non con il fine di procreare, subordinando quindi il piacere. E infatti, paradossalmente, queste gravidanze hanno come effetto il contenere la vita sessuale della coppia.
In queste situazioni l’ incestuale si insinua, si manifesta, nell’assenza di intimità.
A questo proposito J.-P. Mugnier presenta il caso di una famiglia composta da dodici figli, inviata per il problema di anoressia della figlia maggiore diciannovenne. I genitori si presentano al primo appuntamento da soli e alla domanda sul motivo per cui sono lì, rispondono inaspettatamente perché non vogliono più avere figli. La signora chiarirà che per questo motivo non hanno più rapporti sessuali in quanto non accetta metodi contraccettivi poiché fare l’amore per mero piacere la disgusta.
L’ anoressia della figlia, che è cominciata quando aveva quindici anni, è anteriore all’arresto dei loro rapporti sessuali.
I genitori ci dicono che, essendo la casa molto piccola, i figli maschi dormono in una stanza e le femmine in un’altra. Indirettamente per l’adolescente ciò può significare il divieto della sessualità.
La loro figlia a quattordici anni, prima del disturbo alimentare, aveva tentato di nascondere le sue incipienti forme poiché il suo corpo non doveva diventare come quello di una donna! E qui, ancora una volta, la ragazza esprimeva, senza saperlo, la questione non risolta di sua madre che a quattordici anni era stata abusata dal nonno. Ancora una volta, come nel precedente scenario, l’incestuale non annulla affatto il rischio del passaggio all’atto incestuoso. Ed è proprio il caso in cui, in un’altra famiglia numerosa ( quattordici figli), l’assenza di privacy aveva largamente favorito il fatto che un fratello e una sorella che dividevano la stessa stanza, avessero preso l’abitudine di masturbarsi a vicenda e poi di avere rapporti completi scaturiti in una gravidanza. La loro madre aveva commentato l’accaduto semplicemente dicendo “ sapete, con quattordici figli non posso avere un occhio per ognuno!”
«Se il tabù della promiscuità non viene rispettato […] allora il tabù dell’incesto […] non lo sarà a sua volta», (Racamier, 2010).
Quindi il pericolo della riattualizzazione dell’incesto contro il quale queste donne lottano, non è detto venga sempre evitato. Se le gravidanze ripetute limitano/evitano la sessualità della coppia;
oppure se il desiderio di non avere più gravidanze è sinonimo di interruzione dei rapporti sessuali, il marito potrebbe rischiare di andare a cercare presso una figlia quello che “di diritto” dovrebbe avere dalla moglie. Marie Balmary,(1979) definisce queste dinamiche come “mettere in scena le condizioni del dramma per sapere se lo si saprà evitare”
Una sessualità proibita
Questo scenario comprende quelle donne per le quali in un primo tempo la sessualità non può esistere se non all’insaputa di un terzo, generalmente la madre. Avere rapporti sessuali non sembra possibile se non in una cornice di trasgressione, rivelatrice di un contrasto con la madre. Se questo contesto cambia, ad esempio la madre trova simpatico il partner della figlia, avverrà un’interruzione della sessualità che condurrà ad una crisi di coppia. La sessualità diventa il sintomo della relazione. Più volte capita di incontrare delle coppie in cui il marito lamenta l’interruzione dei rapporti sessuali in coincidenza con il momento in cui veniva presentato alla madre. Uno di questi aveva inizialmente vissuto una intensa sessualità con la compagna da non far presagire un tale epilogo. Questa donna amava fare sesso in posti insoliti, come il parcheggio di un supermercato, nelle ore di maggior affluenza rischiando di essere sorpresa! Effettivamente rimetteva in scena la violenza della quale era stata vittima per mezzo del fratello nella propria stanza da letto, mentre la madre era nel salone. Durante questi abusi la ragazzina temeva, e nello stesso tempo sperava, che la madre entrasse. La temeva in quanto aveva paura di essere incolpata, lei sola, a causa del cattivo rapporto che aveva con la madre; e lo sperava in quanto pensava “se la mamma mi amasse veramente verrebbe a vedere cosa sta succedendo e mi proteggerebbe”. Ella aveva, quindici anni dopo, completamente dimenticato ciò che lui le aveva fatto. Il suo ricordo riaffiorerà quando rimarrà incinta.
Lottare contro la contaminazione incestuosa
Al di là dei differenti adattamenti relazionali post-traumatici appare un punto in comune: a causa del crimine subito, queste donne che hanno vissuto una sessualità perversa, temono a loro volta di pervertire i propri figli. Una volta divenute madri, l’inibizione totale o quasi della sessualità sembra essere la soluzione per proteggere i propri bambini dall’immagine di perversione che hanno di loro stesse. In effetti, che il ricordo sia presente o rimosso nella memoria scissa dal fatto, resta comunque la questione della stima di sé, come ben spiega una donna di cinquantacinque anni in terapia da Mugnier, abusata da uno zio materno all’età di sette anni rispondendo alla domanda su come avesse fatto, lei così piccola, a capire che lo zio la stava obbligando a “certi atti”:« perché aveva indovinato che a me piacevano!» Mugnier, non troppo sorpreso, chiede di nuovo, come facesse lo zio a sapere che queste cose piacevano ad una bambina di sette anni e lei:« quando avevo cinque anni, mio fratello di sette aveva un amico della sua età. Un giorno mi ritrovai sola con lui e mi invitò a giocare a fare l’amore: ti mostro come, io ti abbraccio e metto la lingua nella tua bocca e poi il mio “zizì”. Quando mise la sua lingua nella mia bocca io feci “beurk!”ma se è così che bisogna fare… Poi quando volle abbassarmi le mutandine, scappai via. Fin qui tutto bene. Il problema è che qualche giorno dopo, io ho avuto l’idea di farlo ad un altro bambino. Allora capisce, se è stata sufficiente una sola volta perché io avessi voglia di rifarlo, vuol dire che ero predisposta!».
Questa donna soffriva a causa dei cattivi rapporti che aveva con i propri figli, che cresceva da sola. In particolare con un figlio che aveva messo in collegio a sei anni; quando ne aveva quattro gridava dalla finestra “mia madre non mi protegge!” La paura inconscia di pervertire suo figlio è stata la ragione dell’allontanamento.
Un’altra giovane donna di ventidue anni, che chiedeva di essere accolta assieme a suo figlio, in una Casa Famiglia, spiegò alla psicologa del centro:« lei capisce, sono stata abusata dalla mia famiglia affidataria quando avevo otto anni e oggi non so bene se quando accudisco il mio bebé, faccio dei gesti normali da mamma o sto abusando di lui!». Un’altra ancora, vittima di violenze all’età di sei anni, spiegò di essere incapace di fare il bagnetto a suo figlio di soli pochi giorni. Per lavarlo, lo passava sotto la doccia evitando ogni contatto fisico particolarmente attorno ai genitali lei:” non sapeva se sarebbe stata capace di fare a lui…” Poi per domandargli perdono di amarlo così male, lo metteva tra due cuscini (per essere sicura di non sentire nulla) e se lo stringeva per ore.
La necessità di fornire le cure quotidiane come lavare, cambiare, mettere le pomate, tutto ciò che necessita un contatto, risveglia in queste madri un disagio, un malessere di cui non possono parlare con nessuno per paura di essere giudicate.
Purtroppo inibire la sessualità, cacciare il partner, mostrare una certa freddezza, sono soluzioni che nel tempo mostreranno tutta la loro fragilità.
Il ruolo del padre nella funzione di terzo separatore e differenziatore viene escluso. Queste situazioni nei casi più gravi, possono condurre alla messa in atto di un relazione fortemente dominante e influenzante della madre nei confronti del figlio.
Come ricorda F. Couchard (1991) in queste relazioni soma e anima del bambino sono come incorporati dalla madre quasi come un marchio, un’impronta; la visione che ella ha del proprio corpo come sporco, la conduce a voler sopprimere compulsivamente ogni traccia di eventuale sporcizia anche in quello della figlia. La purezza della figlia diviene una sorta di Graal che cancellerà le tracce del crimine subito dalla madre. L’influenza della madre sul figlio invece, si tradurrà diversamente: tutto ciò che farebbe inorgoglire le altre madri e renderle sicure del buono e sano sviluppo del proprio bambino, per queste madri sarà, al contrario, visto come una minaccia: se dice no, se tocca qualcosa nonostante i divieti, se non la lascia tranquilla quando è al telefono…è interpretato come se volesse prendere il potere su di lei. L’umiliare, il denigrare senza sosta sono allora la soluzione per mantenere il controllo sudi lui. Così facendo esse si vendicano sui propri figli del male che un uomo le ha fatto nel passato.
Pertanto il bambino non è più visto come figlio o figlia di… La traccia della filiazione che iscrive il bambino nel tempo sembra cancellarsi. In queste condizioni è difficile per i piccoli ritrovare il proprio posto in un albero genealogico quando il nonno vi è caduto trascinando sua figlia.
Francesca Marchiori
Bibliografia
J.P. Mugnier, De l’incestueux à l’incestuel, une approche relationnelle, édition Fabert, Paris, 2013
P.-C. Racamier, L’inceste et l’incestuel, Dunod, 2010
M. Balmary, L’homme aux statues, Grasset, 1979
F. Couchard, Emprise et violence maternelle, Dunod,1991[/fusion_builder_column][/fusion_builder_row][/fusion_builder_container]
Aspetto una bambina che nasce tra due settimane, la mia Rosa
Ho lasciato il suo papà per cattiva condotta, beveva e mi ha picchiata. Litigavamo spesso.. è ossessivo geloso sadico e spesso turbato da frustrazioni forti e brucianti. Da incinta ho tenuto per mia figlia…sono andata via da casa nostra e dopo 4 mesi di inutile attesa…nessun cambiamento strutturato..nessuna ammissione di gravità …io faccio terapia che sicuramente ho il mio difetto di ragione… ma lui mi spaventa mi turba e temo di violenze o di abbandoni o di grandi ferite … Ho sempre avuto relazioni disturbate…nessuno è abbastanza .,IO non sono abbastanza…ho cominciato a fare l’amore all’età di 16 anni con un tossico di scuola…uno dei più tristi e penosi soggetti …il papà della bimba che aspetto è più o meno lo stesso tipo. Ieri ho notato l’aria di incesto…tra me e papà…forse stavo persino drammatizzando senza intenzioni, sedendomi accanto a lui vestita con un vestito lungo e floreale tipo giapponese che avevo ieri … La mamma era a lavare i piatti e io ho provato a interagire su film da vedere e domanda di opinioni paterne…..lui si è scazzato..mi ha guardato come se stessi prendendo atteggiamenti provocanti sessuaente. E io sono andata via a chiudermi in camera. Sono davvero in difficoltà… Ho avuto un primo avvicinamento sessuale da piccola con mio fratello…. Non è stato mai affrontato insieme a esperti e terapisti… È una sciocchezza ma i miei timori sono stati spesso manifestati …mio fratello stesso ha paura di starmi vicino..subito scatta qualche brutto pensiero… è un tabù …ha la sua importanza… Ma io soffro delle assenze maschili delle loro frustrazioni..io stessa li frustro per ripicca. Ho timore che mia figlia avrà un destino del genere .. che venga frustrata da parenti, assoggettata dal padre …che finisca sotto le mie grinfie e poi tenti di farmi male rovinandosi la vita come spesso mi pare di aver fatto io