di Francesca Marchiori

“I bambini e i cani sanno sempre tutto, e soprattutto quello che non è detto”
“Ciò che viene taciuto alla prima generazione, la seconda lo porta nel suo corpo”
F. Dotto, pediatra e psicoanalista
La Sindrome da Anniversario è un fenomeno particolare, oggetto di numerosi studi. La psicogenealogia evidenzia che, oltre alla coscienza individuale, siamo influenzati dalla coscienza familiare o inconscio familiare, ovvero da tutte quelle informazioni raccolte nell’esperienza del sistema familiare a cui apparteniamo.
La Sindrome si manifesta ad esempio, nella coincidenza tra le date di nascita, di matrimonio, di morte, di incidente, dei diversi membri della famiglia; con l’insorgere di malattie o il verificarsi di incidenti allo scadere di una certa età o di una data particolare come può essere quella di un suicidio di un genitore, spesso scelta come data per il proprio suicidio.
Quando le ferite sono insuperabili e inenarrabili, lasciano un segno. Quello che non può essere espresso, persiste e viene trasmesso.
“Siamo gli eredi dei nostri antenati, ai quali siamo legati dai cromosomi, ma anche dagli usi e costumi, dalle credenze e dai comportamenti. E talvolta succede che questi comportamenti si traducano in una sintomatologia fisica e il nostro corpo diventi il portavoce della sofferenza dei nostri avi”
J. Hilgard.

Le lealtà familiari invisibili” generano legami transgenerazionali, senza che le parole, il linguaggio le espressioni dei sentimenti come la tristezza, la colpa, l’angoscia di morte, e le lacrime condivise possano trovare un’elaborazione psichica. Non solo. Tutti i traumi che non sono stati “lavorati” e guariti dalle vittime, si trasmettono poi, in un modo o nell’altro, ai discendenti. Si avranno così, di generazione in generazione, famiglie traumatizzanti e traumatizzate, scrive la Schutzenberger, famiglie “maledette” come quella dei Kennedy, quando è in atto una trasmissione di lealtà invisibili e di lutti non elaborati. Potremmo quasi dire che il Presidente John (Jack) Kennedy abbia contribuito al proprio assassinio, il 22 novembre 1963, lasciando aperto il tetto della sua automobile, nonostante lo avessero avvertito del pericolo che correva a Dallas. Il nonno paterno, Patrick, è rimasto orfano di padre a sei mesi… e suo padre è morto un 22 novembre. Simili lutti creano molte difficoltà alla famiglia ed è possibile che le date vengano dimenticate dai discendenti. John Kennedy l’aveva dimenticata. Così suo figlio, John John, è rimasto anche lui orfano proprio quel giorno.

Vi sono impronte lasciate da traumi storici, come per esempio, quelle ravvisate nel 1812 dai chirurghi di Napoleone che osservarono uno strano fenomeno nei reduci della campagna di Russia: lo shock post traumatico dei sopravvissuti agli orrori della guerra, era stato trasmesso ai figli o ai nipoti, i quali rivivevano, in corrispondenza di tali date, angosce e incubi.
Sempre sul filone storico delle tracce traumatiche, si può citare il caso dei Serbi che, ancora oggi, confondono la presa di Costantinopoli da parte degli Ottomani, 29 maggio 1453, con la battaglia dei Campi del Kossovo, 28 giugno 1389 e con la fine della “Grande Serbia”… Si è così costituita una leggenda e, per uno scambio di date e per la confusione che seguì alla presa di Costantinopoli da parte dei Turchi, il 28 giugno è diventato un punto sensibile, oltre che un giorno “sacro” per i Serbi.
Il trauma di questo lutto non elaborato e di queste perdite è tale, che la data del 28 giugno si ripete da più di seicento anni: è stata il preludio della Grande Guerra, scoppiata proprio a causa dell’assassinio a Sarajevo, 28 giugno 1914, dell’erede al trono dell’Impero Austro-ungarico, Francesco Ferdinando d’Austria.
L’inizio del massacro della ex Iugoslavia è cominciato anch’esso un 28 giugno del 1989, sotto la presidenza di Milosevic, che fece riportare in Kossovo, i resti di San Lazzaro e gli fece costruire un monumento in memoria della battaglia del 1389 e della resistenza dei Serbi ortodossi.
Questo è un esempio di lutto non elaborato all’epoca dei fatti, di una memoria che resta attiva, di una piaga ancora aperta, di quelle incombenze interrotte o non ultimate, che continuano a rimuginare tutta la vita, che si tramandano da una generazione all’altra, da un secolo all’altro.
Anche i grandi cataclismi naturali lasciano un’impronta sul nostro cervello rettile. Essi prendono forma di miti, leggende o incubi che trattano di angosce senza nome.
La Genesi evoca la fine del mondo. I miti ci ricordano che la catastrofe è sempre in agguato.
Come il Diluvio Universale, lo Tsunami del 2004 ha colpito l’immaginazione con l’orrore della perdita improvvisa di coloro ai quali si era legati e di ciò a cui si era attaccati. La fine del mondo conosciuto.