ENACMENT. PAROLA E AZIONE IN PSICANALISI
Abstract.
Enactment è un termine utile e necessario in psicoanalisi ma non vi è ancora un pieno accordo su una definizione precisa. Si concorda sul fatto che le interazioni avvengono in tutte le relazioni terapeutiche e che esse dovrebbero essere indicate con il termine enactment. Questi atti hanno radici inconsce sia nel paziente che nell’analista. Si tratta di brevi o prolungate fasi durante le quali l’azione del paziente, al servizio della resistenza transferale, interagisce con la resistenza dell’analista e può attivare azioni simmetriche che possono variare da sospensioni silenziose ad azioni più o meno intense. Questa situazione rende osservabili potenzialità inconsce dell’analista e del paziente. Gli enactment, quando possono essere notati e resi coscienti, offrono una strada alla vita mentale inconscia che altrimenti potrebbe essere trascurata dal reciproco accordo tacito e inconscio dell’analista e del paziente e possono rappresentarsi come il registro principale del dialogo terapeutico con pazienti particolarmente dissociati dove la comunicazione è soprattutto agita.
Il termine è entrato, ormai, stabilmente a far parte del vocabolario di ogni psicoanalista e, come ogni concetto che si aggiunge al bagaglio degli strumenti del lavoro analitico, ha già una sua “storia evolutiva” che copre gli ultimi quaranta anni. Si fanno risalire le sue origini a Sandler che, nel suo Controtransfert e Risonanza di Ruolo (1976), trovava i termini “proiezione”, “esternalizzazione”, “identificazione proiettiva”, “mettere parti di se stesso nell’analista”, insufficienti a “spiegare e capire il processo di interazione dinamica che avviene nel transfert o controtransfert”, ipotizzando l’esistenza di un più complesso sistema di comunicazioni inconsce a doppia induzione (Filippini, Ponsi,1993). Fu poi Jacobs nel 1986 che, ampliando le considerazioni di Sandler, coniò il termine enactment considerando l’esistenza di comportamenti verbali e non verbali dell’analista determinati inconsciamente e attivati il più delle volte inconsciamente dal paziente, e l’interazione fra paziente ed analista, come una espressione congiunta delle menti di entrambi.
Giuseppe Riefolo, Psichiatra, è membro ordinario della Società Psicoanalitica Italiana. Lavora nel DSM della ASL RM.E.. Ha collaborato con l’istituto di Psichiatria dell’Università Cattolica del S. Cuore di Roma e con quello dell’Università G. D’annunzio di Chieti dove ha insegnato presso la scuola di specializzazione in Psichiatria. Effettua seminari e supervisioni cliniche presso alcuni DSM e insegna presso la sezione romana della SIPP e la scuola di formazione SIPSI di Roma. In questa linea con Filippo M. Ferro ha pubblicato “Figure dell’isteria” (Metis, 1996); “Isteria e campo della dissociazione” (Borla, 2006) e come unico autore “Psichiatria Prossima. La psichiatria territoriale in un’epoca di crisi” (Bollati Boringhieri, 2001 e “Le visioni di uno psicoanalista” (Antigone, Torino, 2006 e 2009).